Di Camilla Conti
I riflettori del Governo e Banca d'Italia restano accesi sul Monte dei Paschi, che potrebbe riunire il Cda già il 9 gennaio. In gioco non c'è soltanto il futuro della terza banca italiana, ma soprattutto la tenuta e la credibilità dell'intero sistema nazionale del credito. Proprio nell'anno in cui l'accordo sull'Unione bancaria e le nuove regole imposte da Bruxelles in termini di vigilanza complicheranno la partita.
Ecco perché a Palazzo Chigi assicurano che non c'è stata alcuna sottovalutazione in merito al confronto strategico tra Mps e la Fondazione azionista, né prima né dopo l'assemblea dei soci del 28 dicembre che ha approvato l'aumento di capitale da 3 miliardi di euro, ma ha respinto la proposta del presidente Alessandro Profumo di effettuarlo a gennaio premiando la soluzione del presidente dell'ente senese, Antonella Mansi, di rinviare il tutto in primavera. In Borsa il titolo del Monte ha evitato il crollo, ma la Consob continua a monitorare l'andamento delle quotazioni.
Il braccio di ferro tra Mansi e Profumo sembra essere circoscritto alle due visioni del riassetto del sistema bancario italiano: quella di Profumo tesa a spostare gli equilibri azionari sul capitale internazionale e quella della Mansi tesa a consolidare un riequilibrio di "sistema" che senza una modifica legislativa, risente del peso delle Fondazione. Un "sistema" che a Roma qualcuno vede come necessario per concludere i processi di patrimonializzazione e di risoluzione del peso dei crediti deteriorati che zavorrano i bilanci degli istituti. "In una fase delicata che vede le vicende Telecom e Alitalia minare il ruolo nazionale nei futuri assetti societari, non ci possiamo permettere un azionariato prevalentemente straniero nel terzo gruppo bancario italiano", commenta un parlamentare di centrosinistra.
L'attenzione resta intanto rivolta alle mosse del vertice e all'esito del prossimo Consiglio di amministrazione del Monte - previsto per il 16 gennaio, ma forse anticipato già al 9 - durante il quale Profumo annuncerà la sua decisione. Il banchiere genovese potrebbe dimettersi, ammettendo di non essere riuscito a vincere la sua partita, e cominciare a organizzare il trasloco magari nella City londinese. Quanto all'amministratore delegato Fabrizio Viola, secondo alcune indiscrezioni raccolte in ambienti finanziari milanesi, starebbe valutando un possibile approdo in Bpm sebbene siano molti a fare pressioni (compresa la Fondazione) affinché almeno lui rimanga al suo posto. In qualità di a.d., Viola ha le deleghe operative necessarie per garantire a Bruxelles l'attuazione del piano industriale. Un'alternativa che potrebbe uscire dal prossima cda è poi quella di una pax fino alla conclusione dell'aumento di capitale con il vertice ancora in sella finché non saranno certi i nuovi assetti dell'azionariato post ricapitalizzazione.
Quanto alla Fondazione, il presidente Mansi tornerà a Siena dopo l'Epifanìa, ma sarebbe già al lavoro per trovare nuovi investitori e mettere insieme il nuovo consorzio di garanzia. Tanto che avrebbe già incassato il consenso di Mediobanca a rinnovare l'accordo. Non solo. La nomina di Enrico Granata alla direzione dell'ente viene letta come una rottura col passato, e in particolare con l'influenza della politica locale nella gestione, tesa a concludere la cessione delle azioni entro la primavera per saldare i debiti con le banche creditrici (e poi partecipare all'aumento per restare con una quota di minoranza in banca) avendo a disposizione un tecnico apprezzato dal mondo del credito e dal mercato. "Granata è un uomo di sistema per soluzioni di sistema", sottolineano infatti fonti vicine alla Fondazione. Anche Bankitalia preme per chiudere con il passato disastroso del Monte dei Paschi, e le ultime multe a carico dell'ex management per il prestito Fresh lo confermano.
La partita senese, insomma, è ancora tutta aperta. Chi si aspetta terremoti a breve potrebbe rimanere deluso e il Cda potrebbe definire per ora solo il futuro personale di Alessandro Profumo.