Fondazione: un mese per trattare soluzione sistema
Tesoro vuole evitare nazionalizzazione, chiede varo aumento. Pressing su Profumo e Viola perché restino al loro posto
Da Reuters
di Stefano Bernabei e Paola Arosio
ROMA/MILANO, 30 dicembre (Reuters) - A metà gennaio, forse prima se il cda di Mps decide di anticipare la convocazione, si capirà se l'aumento di capitale da 3 miliardi, che serve alla banca senese per evitare la nazionalizzazione, sarà tentato a giugno con alla guida ancora il presidente Alessandro Profumo e l'AD Fabrizio Viola.
I segnali che arrivano oggi da fonti vicine alle banche del consorzio, dalla Fondazione e soprattutto dal Tesoro, sembrano puntare alla soluzione meno traumatica possibile: un nuovo consorzio di banche per l'aumento sarebbbe più facile da formare se Profumo e Viola restassero in sella.
"Se restano Profumo e Viola e si siedono a negoziare un nuovo contratto per il consorzio, c'è una sorta di continuità nel processo. Ora però è troppo presto per fare valutazioni di questo tipo", dice una fonte vicina al consorzio.
Dopo aver taciuto a lungo, si è fatto ieri vivo il Tesoro, mandando un messaggio, oggi ribadito, che suona come una presa d'atto e un richiamo alla responsabilità per tutte le parti in causa.
"Abbiamo apprezzato che l'assemblea abbia votato l'aumento di capitale nelle dimensioni indicate dal management. Su questo il Tesoro esprime un apprezzamento. Visto che l'azionista ha voluto differire i termini, adesso si lavori per garantire l'aumento di capitale", dice oggi il portavoce di via XX settembre.
"L'obiettivo a cui il Tesoro tiene è che l'aumento si faccia, che la banca non venga nazionalizzata e restituisca i Monti bond", ha aggiunto il portavoce.
Hanno battuto un colpo oggi anche Bankitalia e Consob, facendo sapere che, per le rispettive competenze - stabilità del sistema e trasparenza sul mercato - stanno monitorando da vicino e coordinati le vicende della terza banca italiana.
Antonella Mansi, presidente della Fondazione Mps, ancora primo azionista della banca, dopo aver imposto la sua linea di aumento a giugno in assemblea, auspica che Profumo e Viola restino.
"Non lo so, mi auguro che lo facciano perché la Fondazione e l'assemblea non hanno criticato il piano su cui si sono impegnati", dice in una intervista al Corriere della Sera.
"Ne hanno chiesto solo l'applicazione differita, di pochi mesi, sempre nell'ambito dei tempi dati dalla Ue", aggiunge riferendosi all'approvazione ricevuta da Bruxelles per una ricapitalizzazione di Mps entro il 2014 per restituire gli aiuti di Stato.
Profumo e Viola avevano organizzato un nutrito consorzio di banche, alcune delle quali avevano preso un impegno di pre underwriting per l'intero ammontare dell'aumento che però durava fino a fine gennaio. Dopo l'assemblea di sabato, i due manager non hanno escluso le dimissioni, in conseguenza della bocciatura della loro proposta di fare l'operazione a gennaio. Decisivo il voto contrario della Fondazione Mps, azionista con il 33,5% del capitale che ha imposto la nuova scadenza di giugno.
Fondazione ha l'intera partecipazione in Mps in pegno a garanzia di un debito da 339 milioni con 12 banche creditrici - alcune delle quali anche nel consorzio per l'aumento - e ha voluto evitare che l'aumento iper-diluitivo da 3 miliardi, sui poco più di 2 miliardi di capitalizzazione della banca, determinasse il quasi azzeramento del proprio patrimonio interamente rappresentato dalla quota nella banca.
UN MESE PER SOLUZIONE DI SISTEMA
Prima dell'assemblea le trattative con alcune Fondazioni azioniste di altre grandi banche, tra cui Cariplo, Compagnia di San Paolo, Cariverona, per scambiare le rispettive azioni con Siena non sono andate a buon fine, ma ora potrebbero riprendere.
"Con le Fondazioni non c'è stata una trattativa: a tre giorni dall'assemblea non si poteva fare niente, mentre oggi ci sono più possibilità di andare ad affrontare l'argomento", dice la Mansi nell'intervista di oggi.
Anche dal fronte delle banche del consorzio, si ritiene che la strada di una soluzione di sistema sia ancora percorribile.
"Ora c'è più tempo per la trattativa. Dopo tutto finora la fondazione aveva l'obbligo di non comportarsi da liquidatore", dice una delle fonti.
Secondo un'altra fonte bancaria, Fondazione vuole negoziare un po' di più una soluzione di sistema. "Fino al 28 dicembre non poteva fare prezzo. Quando ha visto che il sistema si sarebbe mosso ha deciso di provare a negoziare una condizione migliore e condivisa".
La questione, come in ogni trattativa, resta il prezzo. Oggi Mps alle 15.00 vale 0,1752 euro in rialzo dell'1,33%, spinto da ricoperture, sopra il prezzo di chiusura del 27 dicembre, pre-assemblea.
Fondazione, come aveva detto Mansi a Reuters prima dell'assemblea, ha comprato altro tempo per riuscire a mettere in sicurezza il suo patrimonio, con la vendita di parte o tutta la sua quota, ma ha una tagliola: se il prezzo di Mps scendesse sotto 0,128 euro scatterebbe il default sul debito e la sua partecipazione verrebbe escussa dai creditori.
"La probabilità che a maggio non ci sia la stessa situazione di oggi c'è", dice una fonte bancaria, ricordando - come del resto avevano più volte avvertito Profumo e Viola argomentando le ragioni di fare subito l'aumento - che in mezzo ci sarà l'asset quality review (AQR).
Ma aspettare fino a maggio potrebbe essere un azzardo.
"La Aqr sarà anche su Intesa e Unicredit, ci saranno criteri superstretti... e se saltasse fuori che le due banche devono ricapitalizzare, le fondazioni potrebbero non essere più disponibili" per scambiare le proprie azioni delle due maggiori banche con quelle della Fondazione Mps nel Monte.
"O si trova la soluzione in un mese o siamo da capo", sintetizza la fonte.
CONSORZIO DA RIFARE
Altra questione, determinante per il successo di un aumento monstre come quello approvato per Mps, sarà ricostruire un pool di banche disposte a garantire l'operazione. Finora Profumo e Viola erano riusciti a mettere insieme, compresa la capofila Ubs, un drappello di 15 banche.
"Se riescono a rifarlo senza che costi un occhio della testa ... sembrerebbe che alcune banche siano più possibiliste", aggiunge una seconda fonte sempre vicina alle banche. "Una delle banche estere ad esempio non è così negativa sull'idea di un consorzio a maggio", aggiunge.
- ha contribuito da Roma Giuseppe Fonte