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Abi e sindacati, in gioco non c'è solo...

Il leader della FABI, Lando Maria Sileoni, politicamente e mediaticamente ben attrezzato, è riuscito ...

Abi e sindacati, in gioco non c'è solo...

Da Milano e Finanza del 6/11/2013 - pagina 9


ABI e Sindacati attenzione: in gioco non c'è solo il contratto

L’alta adesione allo sciopero dei bancari del 31 ottobre, proclamato dalle organizzazioni sindacali del settore, impone alcune riflessioni che sindacati e Abi non dovrebbero trascurare. La vera novità di questi ultimi anni è rappresentata dal salto di qualità, anche mediatico, che il movimento sindacale ha realizzato, costringendo i banchieri e l’Abi a confrontarsi su un terreno a loro poco congeniale. Il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, politicamente e mediaticamente ben attrezzato, è riuscito a catalizzare l’attenzione dei Bancari e anche quella dell’opinione pubblica, affrontando sui media argomenti che un tempo venivano discussi e approfonditi all’interno delle quattro mura di Palazzo Altieri, sede romana dell’Abi. Dapprima la Fabi ha puntato l’indice contro la rottamazione obbligatoria dei 55enni, poi ha spostato il tiro sull’argomento delle consulenze e degli alti stipendi dei manager.

Poi ha rimarcato la cattiva qualità del credito come una delle cause dei 140 miliardi di sofferenze bancarie. Una critica espressa anche dal direttore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi, che ha recentemente dichiarato: «Spero che nell’erogazione del credito si tenga conto del merito, ma non sono sicuro che sia così. Bisogna che le banche aumentino la capacità di fare un’intelligente selezione del credito e che la struttura finanziaria italiana sia meno dipendente dal credito bancario».

La Fabi ha infine sostenuto la validità del modello popolare, difendendolo anche a dispetto delle indicazioni fornite dal governatore di Bankitalia, trovando sponda tra i banchieri e le stesse organizzazioni sindacali aziendali delle banche popolari italiane.

La Fiba Cisl di Giulio Romani ha immediatamente recepito, proponendo un’iniziativa di raccolta firme per presentare alle forze parlamentari una proposta di legge per un tetto agli stipendi dei banchieri. E anche la Uilca di Massimo Masi ha cavalcato il dissenso dei lavoratori bancari sui mezzi d’informazione, mentre la Fisac di Agostino Megale ha partecipato ad alcuni dibattiti televisivi che hanno lasciato il segno anche nell’opinione pubblica. Insomma, diversamente dal passato le trattative non si fanno più in Abi ma sui quotidiani, sulle televisioni nazionali, sulle radio.

Probabilmente l’Associazione non si aspettava un’offensiva mediatica di tale portata e ha faticato a spiegare le proprie ragioni, a partire dalla necessità di abbattere i costi tramite una profonda rivisitazione dello stesso contratto nazionale di categoria, che probabilmente non rispecchia più neanche l’effettiva struttura organizzativa delle banche.

Le banche devono spiegare meglio che cosa intendono per nuove professionalità e nuovi mestieri e accettare il confronto che i sindacati chiedono rispetto alla banca online.

La partita nei prossimi giorni si giocherà principalmente sul nuovo modello di banca che le parti saranno costrette a condividere, se vogliono dare risposte concrete alla crisi del settore, alla clientela e agli stessi bancari.

Come già scritto da MF-Milano Finanza, probabilmente la disdetta del contratto poteva essere evitata, in quanto, dal punto di vista mediatico, l’effetto boomerang è stato evidente.

Ma è inutile rivangare. Riaprire a breve il confronto contrattuale sarebbe l’unica mossa politicamente intelligente e corretta che Abi e sindacati dovrebbero concretizzare, assumendosi la responsabilità del primo passo. Le banche hanno ragione da vendere quando sostengono la necessità di una riforma strutturale del contratto nazionale e sono credibili quando sostengono che i sindacati dovrebbero scegliere tra il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, circa 309 mila addetti, o un incremento economico che tenga conto del recupero di una parte dell’inflazione.

Devono però ragionare sul forte segnale di disagio della categoria, espresso anche nell’adesione dell’ultimo sciopero del 31 ottobre.

Il governo si è già espresso al riguardo: il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ritiene «ancora possibile una soluzione basata sul consenso tra le parti interessate che contempli diversi obiettivi, compreso quello di tutela dei lavoratori», non escludendo la «necessità di procedere a operazioni di razionalizzazione delle strutture in un mercato ormai ampiamente contendibile».

Quanto invece alla disdetta del fondo di solidarietà di categoria, il ministro ha indicato che al ministero «non è arrivata alcuna formale comunicazione relativa alle sorti del fondo». La partita è dunque appena iniziata: se prevarrà il buonsenso i bancari avranno sicuramente il loro contratto, pur in un momento così difficile e socialmente travagliato.

Le banche non sono disposte ad alcun passo indietro rispetto all’obiettivo di un generale ridimensionamento dei costi: lo ribadiranno oggi i loro rappresentanti nella riunione del Comitato per gli Affari Sindacali e il Lavoro (Casl) dell’Abi.

Ma tutte e due le parti devono ricordare che non si gioca una partita tra due fazioni contrapposte, ma una partita per il rilancio del settore nell’interesse del Paese.

(riproduzione riservata)


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