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Mps: esame Bankit sul patto tra Fondazione e soci

Aumento Mps, all’esame Bankitalia il patto tra Fondazione e soci esteri

Mps: esame Bankit sul patto tra Fondazione e soci

Da Passione Tecno


C’è un tassello fondamentale che ancora manca nell’architettura del patto di sindacato messo in piedi lo scorso 31 marzo dalla Fondazione Montepaschi con i fondi esteri Fintech Advisory e Btg Pactual: l’autorizzazione della Banca d’Italia all’acquisto del 6,5% di Mps da parte dell’hedge fund americano guidato dal finanziere messicano Daniel Martinez Guzman (il 4,5%) e dalla banca d’investimento brasiliana (il 2%) rappresentata da Andre Santos Esteves che ne è anche il principale azionista.

I tempi cominciano ad essere stretti: secondo gli accordi deve arrivare entro il 1 maggio l’ok della Vigilanza alla vendita da parte della Fondazione Mps e al contestuale patto di sindacato sul 9% tra gli acquirenti esteri e la Fondazione, che ha vincolato il suo 2,5% residuo nell’istituto di Rocca Salimbeni. In caso contrario il contratto si deve considerare risolto a meno che il termine non sia «conseguentemente posticipato, per iscritto, di comune accordo tra le parti».

Insomma, i tempi che i tre soci si sono dati sono celeri perché è imminente una ricapitalizzazione (era ancora di «soli » 3 miliardi quando venne il contratto venne firmato mentre ora è stata elevata a 5 miliardi).

Ma non c’è la volontà di mettere fretta all’autorità di vigilanza. Anche perché il caso che Bankitalia si trova ad affrontare è molto delicato.

È la prima volta che Palazzo Koch si trova ad esaminare un patto di sindacato che vincola una quota tutto sommato ridotta del capitale — il 9% — che però in una situazione di azionariato frastagliato come quella attuale di Montepaschi potrebbe determinare il controllo della banca.

Non per nulla lo stesso patto di sindacato FMps-Fintech- Btg prevede la presentazione di una lista di candidati per il nuovo board della banca e anche la spartizione delle nomine: ai soci esteri l’indicazione dell’amministratore delegato, alla Fondazione senese quella del presidente.

Subito dopo la firma del patto, Martinez Guzman e dirigenti di Btg sono stati ricevuti in Via Nazionale.

E la Banca d’Italia ha anche chiesto informazioni sui fondi (struttura, solidità patrimoniale eccetera) alle autorità di vigilanza dei Paesi coinvolti, cioè la Sec negli Stati Uniti, dove Fintech ha sede legale, e il Banco central do Brasil, e sta valutando anche le caratteristiche di onorabilità dei vertici, secondo quando stabilito dalla testo unico bancario e dalle istruzioni di vigilanza.

Ma sta anche lavorando per capire se nella circostanza specifica l’autorizzazione sia o meno necessaria.

Presso i fondi esteri si respira ottimismo sull’esito della verifica dell’autorità guidata da Ignazio Visco e anche disponibilità ad allungare il termine del 1 maggio, qualora servisse più tempo.

Ma il patto va cambiato anche in un’altra clausola, ben più di sostanza: l’accordo sull’aumento di capitale.

Il contratto prevede espressamente che il vincolo a sottoscrivere la ricapitalizzazione fosse limitato all’operazione da 3 miliardi.

Ora che i vertici della banca, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, hanno alzato l’asticella a 5 miliardi, il discorso cambia.

La Fondazione presieduta da Antonella Mansi ha fatto sapere informalmente di essere pronta a sottoscrivere pro-quota, alzando il proprio impegno finanziario da 75 a 125 milioni di euro (può farlo perché ha in cassa circa 400 milioni).

I due fondi avrebbero invece storto il naso: secondo fonti a conoscenza del dossier, sia Fintech Advisory sia Btg Pactual avevano sì messo in conto che — dopo l’aumento da 3 miliardi necessario per rimborsare i Monti bond — a un certo punto avrebbero potuto mettere sul piatto altri capitali; ma non che la richiesta sarebbe arrivata immediatamente dopo il loro ingresso nell’azionariato.

La mossa di Profumo e Viola — dopo un calo iniziale del titolo — è stata apprezzata dal mercato ma ha spinto un socio forte c ome il  colosso  ome BlackRock a quasi dimezzare la posizione, scendendo dal 5,7% al 3,2% del capitale.

Ora anche Fintech e Btg starebbero valutando dal punto di vista finanziario la nuova situazione, anche se alla fine non dovrebbero esserci sorprese.

Resta che il contratto con la Fondazione dovrà essere riscritto