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Ipotesi piano di salvataggio MPS

I vertici del Monte dei Paschi hanno due settimane per spedire il piano di salvataggio all'Antitrust europeo. È questo il tempo che si è preso il consiglio d'amministrazione per mettere a punto il piano di ristrutturazione predisposto secondo ...

Ipotesi piano di salvataggio MPS

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Piano salvataggio Mps: spunta anche l'ipotesi di cessione Antonveneta

I vertici del Monte dei Paschi hanno due settimane per spedire il piano di salvataggio all'Antitrust europeo. È questo il tempo che si è preso il consiglio d'amministrazione per mettere a punto il piano di ristrutturazione predisposto secondo le linee guida imposte da Bruxelles, che tra i vari paletti ha preteso anche un maxi-aumento di capitale da 2,5 miliardi. Richieste pesantissime che avvicinano la minaccia di una nazionalizzazione di Mps. Ipotesi che ai socialisti europei – come il commissario Ue Joaquin Almunia - non dispiace affatto perché salverebbe i posti di lavoro in un sistema già alle prese con migliaia di esuberi.

Il presidente Alessandro Profumo e Fabrizio Viola si giocano comunque l’ultima carta: alleggerire il Monte e convincere l’Europa a dare il via libera ai 4 miliardi di Monti bond. Come? Secondo quanto riferiscono fonti finanziarie, il primo obiettivo è cedere tutte le società partecipate anche se il momento non è favorevole: da Consum.it alle controllate Mps France e Mps Belgique escludendo per ora solo Mps Leasing. Nel nuovo piano potrebbe essere anche prevista la cessione di Antonveneta, acquistata nel 2007 per 10 miliardi e che ora potrebbe essere rimessa sul mercato del credito a Nordest per una somma compresa fra i 700 e gli 800 milioni.

Quanto ai tagli dell’organico, il nuovo piano potrebbe affiancare a circa 3.500 esuberi l’assunzione di 509 nuovi dipendenti fra cui alcuni manager. Come il team di 8 persone tra cui l’ex di Webank, Andrea Cardamone, chiamato da Viola a guidare la nuova banca online del gruppo. Lo scorso 5 settembre il progetto dell’online è stato al centro di un incontro con i sindacati. Secondo una nota della Fisac Cgil, inizialmente l'azienda aveva l'intenzione di mettere in piedi una vera e propria struttura a sé stante, con la formazione di uno staff ad hoc (così come inserito anche nella circolare inerente il Regolamento n.1 pubblicato di recente nell'Intranet aziendale).

Ad oggi, invece, il piano sarebbe invece quello di costituire un'area Sviluppo Banca On Line, composta da 9 persone (un’unica risorsa sarà presa interna alla banca), e a riporto diretto dell'amministratore delegato e con sede a Milano, composta dalla squadra di manager e da due servizi: uno si occuperà delle attività di analisi, dello sviluppo dell'offerta commerciale e della CSR (Customer Social Relationship), mentre l'altro servizio dovrà presidiare lo sviluppo dell'infrastruttura IT e dei processi interni.

Lo sviluppo futuro dell'area prevede che a regime (dopo quattro anni dalla sua costituzione) sia composta da 350 persone, di cui 50 (incluse le nove già reperite) da inserire già quest'anno. Il progetto ha fretta di nascere tanto che a Milano sarebbero già stati predisposti i locali. E potrebbe dunque rientrare fra le mosse di alleggerimento che devono essere varate dal Monte per quello che riguarda il numero di strutture e uffici.

Un alleggerimento – azzarda una fonte sindacale - che potrebbe essere il prodromo di una futura separazione fra good e bad bank del Monte, ovvero il mantenimento del nucleo di business ancora forte sul territorio del “vecchio” Monte che finirebbe nella parte “buona” e le attività non performanti ovvero a forte rischio perdita in quella “cattiva”. Chissà. Di certo, quella di Profumo e Viola è una corsa contro il tempo che va ad aggiungersi alla caccia quasi disperata ai nuovi soci in vista dell’aumento monstre da chiudere entro il prossimo anno. Non solo. I vertici di Mps sono costretti a muoversi fra il realismo finanziario dell’Europa e l’autoreferenzialità della politica locale che ancora zavorra le strategie di banca e fondazione costretta in futuro a scendere sotto al 5% del capitale.

Una parte del Pd senese vorrebbe che il nuovo presidente di Palazzo Sansedoni, Antonella Mansi, trovasse tanti piccoli o medi nuovi investitori per trasformare il Montepaschi in una public company ad azionariato diffuso. Un’impresa assai poco realistica considerata la mole della ricapitalizzazione. E soprattutto un’opzione che non è stata richiesta da Bruxelles con cui ha trattato il ministero del Tesoro. Nel frattempo è ricominciata la guerra interna alle diverse sigle sindacali che puntano a ritagliarsi un rapporto privilegiato con il top management del gruppo: la Fisac ha fissato un presidio per domani davanti al Monte (proprio in occasione della riunione del cda che inizierà l'analisi del piano concordato tra il Mef e Bruxelles da approvare poi il 24 settembre), mentre le altre sigle chiedono che a pagare i nuovi costi non siano ancora una volta i dipendenti.

E mentre il titolo Mps continua a perdere terreno in Borsa (-4,52%) scendendo a ridosso dei 0,20 euro, il sindaco Bruno Valentini pretende che il piano ''venga rivisto intensamente e velocemente'', che sia contemporaneamente di ''salvataggio e rilancio'', e che lo Stato resti fuori dall'istituto, il quale ''deve dimostrare di potersi salvare da solo''. Tutte prese di posizione anacronistiche, pare si borbotti ai piani alti di Rocca Salimbeni, perché dimostrano come la politica non ha ancora capito che a Siena niente sarà più come prima.


Tag

piano, ristrutturazione, ipotesi